Arquivo pretensiosinho

sexta-feira, 13 de maio de 2011

Accorgersene

Uno squillo improvviso mi sveglia. Faccio due parole apparentemente prive di significato. C'è Fernando che parla con me al telefono. Parliamo in slang, in portoghese pratico. Un'appuntamento fra un'ora, un'ora e mezza. Niente di preciso. Solo che andremo a un posto da me sconosciuto, con delle persone da me mai viste, e che cercheremo di adattarci al contesto, come di solito abbiamo fatto da quando siamo arrivati. Mi sono accorto che ho fame. Mi sono accorto che ho dimagrito un sacco. Mi sono accorto che non sono stato riuscito a provare neanche la metà delle cose che un giorno avrei pensato di provare in questo paese. Mi sono accorto che non ho più dei soldi e mi chiedo come ne ho spesi ormai tutti durante gli ultimi mesi, mentre sognavo. Mi sono accorto che non voglio più parlare l'inglese con i miei coinquilini, i quali non parlano l'italiano, specie con Chris. Lui è tedesco e io vorrei parlare il tedesco con lui, magari per avvicinarmi un po' di più, magari per capirlo meglio e fargli capire meglio anche a me. Mi sono accorto che sono questi pochi che mi sostengono ancora in mezzo sogno, non perché vogliono consciamente che io non mi svegli veramente al reale, né perché io mi lasci discpliscentemente addormentare, ma perché oltre loro non ci sono altri. Mi sono accorto che finora quel che avevo chiamato 'amicizia' in questo paese non è che la superficialità delle relazioni sociali più efemere, e che io ne ho sopravalutate, ne ho cercato di sovrapporre i miei desideri egoisticamente, senza accorgermi che io stesso sono qualcosa di scartabile. Io e Fernando abbiamo un legame essenzialmente linguistico, dunque materno, che rasserena qualsiasi differenza fra di noi. Non so come sarà quando ritorneremo. Io e Chris abbiamo un'altro tipo di legame, molto più vicino all'esperienza giornaliera, siamo coinquilini di stanza e dobbiamo per forza allontanarci e avvicinarci nel piccolo spazio, sempre in maniera cordiale. Mi sono accorto che la mia barba è cresciuta e che non sono più il brasiliano, ma un presupposto arabo, misterioso e forse pericoloso. Ma io non sono così. Mi sono accorto che aspetto. C'è Giovana oltre mare, e lei arriverà al più presto possibile: quaranta e pochi giorni. Su di lei, di quello che lei rappresenta per me, deposito la mia speranza. Lo stesso sentimento che provo mentre sogno e finché non odo un'altra squillata. Magari la prossima non sarà più il mio compaesano, ma un qualsiasi personaggio di questo mondo in cui vivo adesso. Mi sono accorto che le cose cambiano senza fretta, ognuna a suo tempo, e che io sono rimasto in una gabbia di inerzia, nella quale mi sono comodamente sistemato. È questo l'instante preciso che ho scelto, risultato di tutte le scelte che finora ho fatto. Il tramonto è già in corso. Nell'al di là tropicale è ancora lontano il buio. Cerco esasperato di tradurre quella parola che, dicono, è intraducibile. Quel sentimento consapevole che gioca col tempo. L'avvenire si maschera di quel che è già successo e io resto a immaginare cosa è questo che mi spinge a stento. È già, sono costretto a mettere in pratica l'unico piano che possiedo: mi taglio la barba, mi faccio una doccia e vado volentieri verso lo sconosciuto.

Um comentário:

  1. bellissimo...ma brutissimo....questo sentimento che ci prende all'improviso mentre siamo lontani di tutto quello che ci è famigliare è strano...
    anch'io mi sento un pò così...ma non sono bravo a metterlo in parole... il Brasile ci chiama... presto a lui risponderemo...

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